Con la nascita del Parco nazionale dell'Aspromonte, che ingloba nel suo perimetro una delle tre aree protette del vecchio Parco nazionale della Calabria, nacque la necessità; di una forma integrata di gestione di un'area protetta in Sila che coinvolgesse anche le due aree protette rimaste con sede vacante, aree che erano più che altro una sorta di "riserva naturale" anzichè delle aree integranti di un parco nazionale, considerate insufficienti al cospetto dell'enorme patrimonio bio-genetico custodito dalla Sila che bisognava tutelare.

 

Origini
La storia del Parco nazionale della Sila ha una storia legislativa lunga quasi un secolo, già  nel 1923 si discuteva della:
« ...necessità di un parco nazionale in Calabria, che abbia come centro la Sila e si irradi a comprendere le zone che le sono attorno è oggi improrogabile. Non si tratta soltanto di conservare le tracce del primo manto boschivo che ebbe l'Italia, la cosiddetta "Silva", ma la fauna, la flora e la natura geologica di quel magnifico massiccio dell'Appennino con le linee di paesaggio che non hanno eguali al mondo... »
(Antonino Anile, deputato calabrese, disegno di legge per l'Istituzione di un parco nazionale in Sila, 1923)

Purtroppo il disegno di legge, a differenza degli altri due D.L. che erano riusciti a portare all'istituzione del Parco nazionale del Gran Paradiso e di quello dell'Abruzzo, non riuscì a completare il suo iter, finendo per decadere. Le necessità  dell'istituzione di un parco nazionale erano poggiate sulla difficile situazione che le foreste silane vivano sin dalla fine del 1700, devastate a più riprese da atti di usurpazione delle aree demaniali perpetrate da privati, pronti a disboscare le terre per metterle a coltura. Tutto ciò generò un pesante conflitto sociale che spesso sfociava in atti incendiari verso lo stesso bosco, ritenuto esso stesso "ladro di terra" da parte dei contadini e pastori, atti dolosi così gravi da far intervenire il governo centrale che inviò in varie occasioni funzionari statali per prendere atto e visione dei danni perpetrati al bosco e per mitigare le tensioni sociali.

Anche se in realtà forme di avversione da parte di agricoltori e contadini ed in particolare da parte di gruppi di ordini religiosi differenti, avvennero già dal 1200 quando monaci dell'ordine basiliano si sentirono depredati dai monaci florensi ai quali furono donati ampi territori silani. Grosse opere di disboscamento avvennero poi ad inizio secolo scorso da parte di grandi industrie boschive straniere, che fecero risaltare anche nelle alte sfere politiche il problema della salvaguardia delle foreste silane: questo momento è ritenuto l'inizio simbolico della pratica istituzionale del Parco della Sila.

Le prime iniziative
Il primo atto legislativo fu il disegno di legge di Antonino Anile a favore dell'istituzione del Parco. Alla sua decadenza però, non fecero seguito altre iniziative similari, ma solo esposti o annunci giornalistici e dichiarazioni politiche mai però veramente finalizzate allo scopo dell'istituzione di un'area protetta. Si arrivò così ad un affievolimento delle stesse iniziative a favore del Parco quando le aree più interne della Sila che fino ad inizio secolo scorso erano fondamentalmente selvagge e pressochè prive di forme di antropizzazione permanente (ad esclusione del paese di San Giovanni in Fiore), cominciarono a subire un rapido aumento della popolazione e il sorgere di numerosi villaggi rurali.
La costruzione della ferrovia trans-silana in progetto già  da alcuni decenni e che avrebbe dovuto collegare Cosenza con Crotone, insieme all'intensificarsi dello sfruttamento delle aree boschive, portarono nel periodo del dopo guerra ad una situazione drammatica per le foreste della Sila; situazione che ebbe il suo apice con il pegno di guerra da parte delle forze anglo-americane che disboscarono ampie aree dell'acrocoro calabrese. La situazione divenne allarmante in quanto frequenti erano gli smottamenti e forme di erosioni gravi dei costoni silani, tant'è che una prima forma di protezione da parte della neonata repubblica italiana, fu l'istituzione dell'Opera di Valorizzazione della Sila, che ebbe fra gli scopi primari, quello di ripristinare le foreste danneggiate con ampi interventi di rimboschimento.
Istituzione legislativa
Lago Ampollino
L'attenzione sulla protezione dei boschi della Sila subì  una forma di generalizzazione nel 1968 che portò all'istituzione delle 3 aree protette facenti parte del Parco nazionale della Calabria, uno dei 5 parchi storici d’Italia istituito nel 1968 (legge n. 503 del 2/4/68). In realtà prima di stabilire il Parco della Calabria, nel 1960 venne avanzata una nuova proposta di legge per l'istituzione del Parco nazionale della Sila con perimetro e caratteristiche ben definite; lo stesso accadde nel 1963. La proposta avanzata da politici locali di sinistra si scontrò con l'altra parte della politica calabrese contraria all'istituzione del Parco, fomentata dalle associazioni venatorie che avanzavano preoccupazioni riguardo al futuro della caccia in Calabria. Le divergenze fra le due posizioni politiche portò al compromesso del 1968 con la creazione del Parco nazionale della Calabria che in realtà nulla aveva di un Parco nazionale[11], dalla mancanza dell'Ente Parco (la gestione delle tre aree protette venne affidata all'allora "Azienda di Stato per le Foreste Demaniali"), alla continuità territoriale, con la creazione di 3 Riserve distanti fra loro decine di chilometri.
Inaugurazione della sede dell'Ente Parco Nazionale della Sila nel 2006, con Alfonso Pecoraro Scanio (allora Ministro dell'Ambiente), Mario Oliverio (Presidente della Provincia di Cosenza), Diego Tommasi (allora Assessore regionale all'ambiente) e l'arcivescovo di Cosenza-Bisignano Salvatore Nunnari
Dall'iter storico, ed in particolare da quest'ultimo atto, emerse un acuto disinteresse della politica locale riguardo ai temi ambientali, poco propenso nell'accomodare antiche richieste e pretese di attenzione verso le aree protette, raggirando in maniera semplicistica e fin troppo superficiale l'ostacolo. Le tre aree istituzionalizzate come protette inoltre, erano sì delle aree di alto pregio naturalistico, ma cingevano a se solo aree demaniali della Regione Calabria, escludendo aree private di grande pregio. A conclusione dell'iter che portò all'istituzione del Parco della Calabria, pesa certamente anche il difficile periodo socio-economico in cui versava la regione, con la politica locale concentrata più che altro verso altri obiettivi, trascurando le peculiarità ambientali delle montagne calabresi.
La sferzata necessaria a far nascere il Parco della Sila verrà  data dopo alcuni determinati avvenimenti, fra i quali
l'emanazione della legge quadro sulle aree protette del 1991 n. 394;
la creazione del Parco nazionale dell'Aspromonte nel 1989, e del Parco del Pollino nel 1993, confermate dalla legge n. 394;
la soppressione di una delle 3 aree del Parco nazionale della Calabria assorbita dal neo Parco nazionale dell'Aspromonte;
l'intenzione di gestire le restanti 2 aree, come una sorta di laboratorio naturalistico sperimentale
Gli ultimi due avvenimenti segnarono in maniera incisiva l'iter dell'istituzione del Parco, in quanto il Parco della Calabria, o ciò che restava di esso, fu eliminato dagli elenchi dei Parchi nazionali d'Italia[11]. Negli anni '90, nonostante il periodo favorevole a nuove istituzioni di parchi nazionali, sulla possibilità  di istituire il Parco nazionale della Sila poche e flebili erano le speranze, alimentate solo dalla volontà  di alcune associazioni ambientaliste ed in particolare di Legambiente. Attraverso le sollecitazioni delle associazioni nel 1992 si propose una nuova bozza di d.d.l. con perimetrazione precisa del Parco che abbracciava 3 Province e le 3 aree geografiche silane, dalla Greca a nord, fino alla Piccola a sud. La proposta di Legambiente e di alcuni comitati promotori, trovò la benevolenza da parte di politici locali di entrambi gli schieramenti, che presentarono in Parlamento una bozza creata sulle linee guida proposte dalle associazioni. Nonostante l'iter si rivelò assai difficoltoso, l'8 ottobre del 1997 con l'art. 4 della legge n. 344, venne formalmente istituito il Parco nazionale della Sila, a ben 75 anni dalla prima formulazione proposta da Antonino Anile.
Territorio
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Geologia e Geomorfologia
La storia geologica del territorio del Parco ricalca la storia della Sila, un acrocoro, un massiccio montuoso formato essenzialmente da due gruppi di litologie: rocce magmatiche e rocce metamorfiche, che occupano l'area centrale granitica, attorno la quale si estendono margini collinari calcarei formati da rocce sedimentarie terziarie e quaternarie[13]. Il complesso di rocce metamorfiche sottoposto a rocce magmatiche di tipo granitico formando il maggior tipo litologico di affioramento. Questo complesso di rocce farebbe risalire la Sila ad un'orogenesi e ad una struttura geologica simile alle Alpi, tant'è che Giovanni Marinelli nel 1898 coniò la denominazione di "Alpi Calabresi". Il suolo dell'€™altipiano è formato dalla degradazione delle rocce fatte di granito, diorite, scisti, micascisti, gneiss e porfidi,  si differenzia da quello dellâ'Appennino calcareo, con notevole caratteristica diversità  vegetativa.
Rocce di affioramento presso il Monte Volpintesta
Le rocce presenti in Sila e nell'area del Parco in particolare, offrono la sensazione di essere state sovrapposte ed inserite nel territorio durante il periodo del Miocene medio, in una posizione che si può chiaramente definire subaerea o semi-sommersa. Ciò spiegherebbe come l'acrocoro silano sia stato coinvolto nei processi di modellazione della superficie che sono avvenuti sin dalla formazione dell'altipiano, sin dal Miocene stesso. Tale processo di modellazione è dovuto ad una forma di erosione, e come spiegherebbe il geologo Pierre Gueremy, sul territorio silano si sarebbero concentrate due forme erosive, una di tipo meccanico, con erosione, trasporto e messa sul posto delle rocce e di tutti i materiali geologici, ed un'altra forma di tipo chimico legata alle caratteristiche ed agli effetti climatici del Miocene terminale e del Pliocene.
Glaciazioni
La Sila porta ancora oggi ampie tracce dei passaggi climatici che l'hanno coinvolta. I climi finora accertati sono: tropicale, temperato, glaciale, periglaciale, temperato freddo e temperato caldo. Pare che il territorio non abbia avuto ghiacciai, poichè il periodo climatico con temperatura  bassa riscontrata e quella periglaciale, molto prossima ai ghiacciai.
Aree geografiche
Vallata di San Nicola in Sila Grande
Il perimetro del Parco abbraccia perimetralmente tutte e tre le regioni silane (Sila Greca, Sila Grande, Sila Piccola). Le aree più coinvolte sono la Sila Grande e quella Piccola, mentre solo i territori con maggiore interesse naturalistico della Sila Greca sono stati inclusi nel Parco.
Per quanto riguarda la fascia della Sila Greca che è l'area più a nord, questa èla meno coinvolta. Il Parco abbraccia il comprensorio del Monte Paleparto (1.481 m), del Monte Altare (1.653 m) e del Monte Sordillo (1.551 m); quest'area geografica termina con il lago Cecita e il pianoro di Campo San Lorenzo che però non rientrano nei confini del parco della Sila.
La fascia centrale è quella della Sila Grande, l'area più estesa e che comprende le maggiori cime di tutto il Parco, oltrechè tutti i principali bacini idrici, le varie SIC e ZPS; le principali vette che fanno parte di questa fascia sono il Monte Botte Donato (1.929 m) il più alto monte della Sila, il Montenero (1.881 m), le Montagne della Porcina (1.826 m), il Monte Curcio (1.768 m), il Monte Volpintesta (1.729 m), il Monte Carlomagno (1.669 m) e il Monte Scuro (1.621 m); i bacini idrici appartenenti al Parco che rientrano in questa fascia sono il lago Arvo e il lago Ariamacina;
Il centro storico di Zagarise
compare erroneamente su alcune cartine geografiche anche l'ormai ex Lago Votturino, svuotato tra la fine degli anni '80 e gli inizi degli anni '90; di questa fascia fanno parte anche le grandi vallate di Macchiasacra e Macchialonga, oltre a numerose altre vallate minori; questa parte geografica termina con il lago Ampollino che delimita l'ultima area silana;
La fascia della Sila Piccola inizia dal lago Ampollino fino a giungere presso i villaggi turistici del catanzarese; fanno parte del Parco la fascia del Monte Scorciavuoi (1.745 m), con le cime del Timpone della Guardiola (1.667 m) e del Timpone della Monaca (1.598 m), separato tramite la Valle del Tacina con la fascia del Monte Gariglione (1.765 m), con le cime del Petto di Mandra (1.681 m), del Cozzo del telegrafo (1.679 m ) e del Timpone Morello (1.665 m), questa fascia separata tramite il Vallone del Soleo dall'ultima fascia della Sila Piccola e del Parco, quella del Monte Femminamorta (1.730 m), con le cime del Timpone Vecchio (1.648 m) e della Timpa del Cucco (1.507 m); nella fascia della Sila Piccola numerose sono le vallate fra le quali la principale è certamente la Valle del Savuto, solcata dall'unico grande fiume silano che sfocia nel mar Tirreno.
Le acque
La Sila è la parte territoriale più piovosa della Calabria e vi insitano su questo territorio i principali bacini idrici, oltrechè vi nascono e scorrono sulla Sila, anche i principali corsi d'acqua regionali. Gli attuali laghi silani sono tutti artificiali, realizzati nella prima metà  del secolo scorso. I bacini sono stati realizzati in aree particolarmente paludose, presso ampie vallate, particolarmente favorevoli nell'ospitare bacini idrici, considerando la posizione geografica e la geologia del terreno.
I fiumi
I principali corsi d'acqua che attraversano l'area del Parco sono il fiume Crati e il fiume Neto, i due più lunghi ed importanti fiumi della Calabria. Ad essi si associano una serie di affluenti, alcuni molto rilevanti per simbiosi biogenetica.
I laghi
I laghi silani che ricadono nel territorio del Parco sono 3: il lago Ampollino, il lago Arvo e il lago Ariamacina. Vi è inoltre un bacino, ad oggi completamente vuoto, che è il lago Votturino, anch'esso presente nel territorio del Parco.
Da segnalare è la presenza accertata di alcuni laghi del passato, estinti migliaia di anni fa a causa di forme di erosione delle loro soglie.
Questi laghi sono il Mucone, che interessava pressochè l'areal dell'attuale lago Cecita, e il lago Trionto, sito in località  Difesella di Trionto.
Rive del lago Arvo
In entrambi i casi sono state trovate tracce di depositi pleistocenici contenenti materiale organico, elementi che farebbero presupporre l'esistenza dei laghi.
Aria
Secondo recenti studi condotti dal Ricercatore Stefano Montanari, direttore del Laboratorio Nanodiagnostics di Modena, in collaborazione con Antonietta Gatti, in Sila e nello specifico, in un'area del parco precisamente nel villaggio di Tirivolo una località  di Zagarise ai piedi di Monte Gariglione, si respirerebbe l'aria più pulita d'Europa.
Parte di questo articolo contiene informazioni estratti dal sito wikipedia.org, parks.it e parcosila.it

Il lago Cecita, situato a 1150 metri sul s.l.m.m, è uno dei bacini artificiali presenti sul territorio silano. La sua realizzazione è avvenuta nel 1951 mediante lo sbarramento del fiume mucone e la realizzazione di una diga ad arco-gravità ;lunga 166 metri e alta 55 m. Questo lago viene utilizzato per la produzione di energia elettrica e per l'irrigazione dei numerosi campi adibiti alla coltivazione di ortaggi (in particolare la patata silana. STORIA: Antichissime testimonianze, sulle rive del lago Cecita, risalgono all'uomo di Neandertal. Tra la fine del neolitico e l'inizio dell'età del rame (3800-3300 a.C.), tutta la Sila venne occupata da insediamenti di agricoltori e pescatori che sfruttavano le antiche conche lacustri (Arvo e Cecita) per un

caratteristico metodo di pesca con la rete. Ulteriori testimonianze risalgono all'antica età  del bronzo (Ampollino e Cecita). Il più importante insediamento di età greca, in Sila, è costituito dal santuario scoperto - a breve distanza da Camigliatello Silano - nel lago Cecita (VI-III secolo a.C.) ad opera della Soprintendenza per i beni archeologici della Calabria (scavi diretti dall'archeologo Domenico Marino in collaborazione con il ricercatore Armando Taliano Grasso, docente di Topografia Antica dell'Università  della Calabria). Scavi ad opera della Soprintendenza per i beni archeologici della Calabria (diretti dall'archeologo Domenico Marino), in collaborazione con l'Università  della Calabria, insegnamento di Topografia Antica (ricercatore archeologo Armando Taliano Grasso), hanno messo in luce un importante insediamento di età  romana dedicato all'estrazione e lavorazione della pece, attivo tra il III secolo a.C. ed il III secolo d.C.

 

Il lago Ampollino è un lago artificiale situato in Sila. L'inizio delle costruzioni dello sbarramento iniziarono nel 1916 e terminarono nel 1927. Alla sua inaugurazione prese parte il Re Vittorio Emanuele III. Questo lago ha una caratteristica particolare, infatti bagna tre diverse provincie, quella di Cosenza, quella di Crotone e quella di Catanzaro. Fu il primo invaso artificiale ad essere realizzato in Sila. Fu realizzato dalla Società Meridionale Elettrica sbarrando il corso del fiume Ampollino allo scopo di creare un bacino idroelettrico. E' collegato, tramite una condotta forzata, al lago Arvo dalla quale riceve ulteriori acque. Le sue acque giungono ad alimentare la centrale di Orichella, posta a 800 m, facendo un salto di 480 m. Le sue acque vengono successivamente raccolte in un bacino di compenso, dalla quale poi si dirigono alla seconda centrale elettrica, quella di Timpa grande, posta a 541 m. Successivamente le acque vengono nuovamente raccolte ed indirizzate alla terza centrale, quella di Calosia in territorio di Cotronei. Dopo la centrale di Calosia le acque affluiscono nel fiume Neto e vengono utilizzate per scopi irrigui irrorando la pianura dell'alto Marchesato crotonese. A monte il lago Arvo e il lago del Savuto l'alimentano nei periodi di siccità . Il lago è collegato con il Lago Arvo tramite una condotta in galleria. Lo sbarramento è effettuato a valle da una diga curva muraria a gravità  ordinaria, lunga 129 mt e alta 29,50 m (secondo i dati ufficiali), anche se alcuni dati riportano l'altezza della diga a 26 m e per costruirla nei suoi pressi è stato creato il villaggio Trepidà. Essendo in comunicazione con il lago Arvo, le specie ittiche sono pressochè le stesse: trote, persici reali, cavedani, tinche, carpe e ciprinidi minori.Ricerche dirette dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria hanno individuato un importante insediamento dell'antica età  del bronzo (2000-1800 a.C.) sulle rive del Lago Ampollino. In località  Fiume Tassito sono visibili i resti di un ponte a doppia arcata di età  romana imperiale, testimonianza dell'antica viabilità  che attraversava la Sila in età  antica. Nel 2005 l'Ampollino sale all'attenzione internazionale per il presunto avvistamento di un rettile acquatico simile ad un plesiosauro o al Mostro Loch Ness. Il presunto avvistamento  non fu mai smentito nè confermato

 

 

Il lago Arvo è un lago artificiale situato in provincia di Cosenza, fra i monti Melillo e Cardoneto, vicino al comune di San Giovanni in Fiore. Con una capacità  di circa 70 milioni di metri cubi di acqua e una lunghezza di 8,7 km, questo lago è il secondo in grandezza dopo il Lago Cecita. Il lago è collegato con il Lago Ampollino tramite una condotta in galleria. La riva nord è frastagliata, mentre quella sud più rettilinea. Il fondale è coperto principalmente di sabbia e ciottoli. Questo lago fu creato tra il 1927 e il 1931 sbarrando il fiume Arvo e i ruscelli Bufalo e Fiego allo scopo di creare un bacino idroelettrico. Il lago Arvo venne realizzato in un'area paludosa, attraverso lo sbarramento tramite diga in terra compatta (unica in Calabria). Attualmente il lago ha una capacità che varia tra i 70 e gli 80 milioni di metri cubi, mentre la lunghezza diametrale è di circa 8,7 km per un perimetro totale di 24 km. Grazie a queste caratteristiche e a questa conformazione, il lago si presta bene a gare di canottaggio, tant' è che è prevista a breve, il completamento del Centro olimpico di cannottaggio. La diga del lago Arvo, è unica nel suo genere in Calabria, in quanto realizzata non in cemento armato e calcestruzzo, bensì in argilla e terra compatta. Lunga 280 m (record di quel tempo), ed alta 22 m, all'epoca della sua realizzazione era la più lunga e grande diga costruita in Italia. Il progetto della diga, completamente rivoluzionario per quell'epoca, poteva essere attuato grazie alle caratteristiche del bacino idrico, meno ripidi rispetto agli altri bacini silani, sottoponendo a minor pressione la diga stessa. A fine lavori, terminati nel 1932, la diga e tutto il suo complesso, vennero inaugurati da re Umberto II e Maria di Savoia. Nelle sue acque vivono trote, persici reali, anguille, cavedani, tinche, carpe e ciprinidi minori come scardole, triotti, alborelle e carassi. Scarsa vegetazione di sponda, attorno sono presenti boschetti di larici. Le prime testimonianze umane in Sila risalgono all'homo erectus (circa 700.000 anni da oggi) e sono state individuate sulle sponde del lago Arvo. Altre testimonianze, sulle rive del lago Arvo, risalgono all'uomo di Neandertal. Tra la fine del neolitico e l'inizio dell'età del rame (3800-3300 a.C.), tutta la Sila venne occupata da insediamenti di agricoltori e pescatori che sfruttavano le antiche conche lacustri (Arvo e Cecita) con un particolare metodo di pesca con la rete (ricerche della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria dirette dall'archeologo Domenico Marino).

Il lago Passante, più noto come Serbatoio del Passante è un lago calabrese, posto nel cuore della Sila Piccola, nel comune di Taverna, in provincia di Catanzaro. Il lago è un bacino artificiale, formato attravero lo sbarramento tramite diga in cemento armato. Il lago sito nel territorio del Parco nazionale, si trova nelle vicinanza di Villaggio Mancuso, un villaggio turistico della Sila. E' facilmente raggiungibile percorrendo la SS 179, statale che porta da Catanzaro sull'altipiano calabrese fino al lago Ampollino.

L'altopiano Silano è situato nella zona settentrionale della regione Calabria. Esso si estende per 150.000  ettari (il più grande d'Europa) attraverso le province di Catanzaro, Crotone e Cosenza e si divide in Sila Greca, Sila Grande e Sila Piccola; i rilievi più alti sono il monte Botte Donato (mt.1928), in Sila Grande, ed il Monte Gariglione (mt.1765) in Sila Piccola. È il più vecchio parco nazionale della Calabria, tra i primi 5 nati in Italia: con D.P.R. 14.11.2002 sono stati istituiti il Parco Nazionale della Sila ed il relativo Ente, che ricomprende i territori già ricadenti nello "storico" Parco Nazionale della Calabria (1968) e tutela aree di rilevante interesse ambientale per complessivi 73.695 ettari. Il territorio silano è stato crocevia, nel centro del mediterraneo, di storie arte cultura che hanno contribuito ha dare identità a questo magnifico altopiano. La Sila, uno dei più grandi
polmoni del mondo( citata da Dante Alighieri), offre una grandissima riserva biogenetica, dove vengono prodotte e selezionate piantine per nuovi rimboschimenti. Oltre a offrire una grandissima riserva biogenetica, l'altopiano, vanta una grandissimo bagaglio culturale nel campo agroalimentare. Il caciocavallo Silano D.O.P, mito e legenda dell'altopiano e senz'altro il prodotto d'eccellenza del territorio insieme alla produzione di salame e di altri prodotti lattiero caseari come il pecorino silano e la ricotta affumicata pecorina. Dietro questo prodotto caseario vi è una saggia esperienza degli allevatori silani, dalla mungitura delle mucche fino alla sua realizzazione (elemento indispensabile per realizzare un buon caciocavallo è realizzarlo solo in sila. Infatti il clima gli conferisce un sapore unico). La sua bontà la si può immaginare leggendo la scheda degli ingredienti: Latte, caglio e sale (solo 3 ingredienti). Salumi D.O.P, ricordiamo la soppressata, il prosciutto, la salsiccia, il capocollo, la pancetta. Tutti questi prodotti vengono realizzati secondo l'antica tradizione silana. La lavorazione delle carni è stata fin dai tempi antichi, fonte di economia del territorio. Oltre alla lavorazione di carni suine, sul comprensorio, venivano e vengono allevati bovini. Le principali razze che si sono diffuse sull'altopiano sono: la bruna alpina, pezzata rossa e razza charolaise. Oltre ai bovini, vengono allevati anche ovini e caprini. Ortaggi silani e cereali (solo grano tenero), gli unici ortaggi che vengono coltivati attualmente sull'altopiano silano, sono le ormai famose patate silane I.G.P . Sul territorio silano, adiacente al parco nazionale della sila, troviamo uno dei bacini: Il lago cecita, uno dei più grandi bacini artificiali della Sila. Esso viene utilizzato per la produzione di energia elettrica e anche per agevolare l'irrigazione dei numerosi campi adibiti alla coltivazione della patata silana precedentemente citata. Il parco nazionale della sila. La presenza faunistica della Sila e delle aree del Parco è profondamente mutata dal periodo dell'ultima glaciazione ad oggi. La presenza di alcuni mammiferi, soprattutto di grandi dimensioni, è stata influenzata dalla presenza dell'uomo che ha modificato l'habitat e la sopravvivenza di alcune specie, in particolare del cervo, estinto ad inizio secolo scorso e reintrodotto solo negli ultimi anni.

Nel parco oggi si trovano i seguenti animali:

Ungulati
Capriolo (Capreolus capreolus), la sua presenza risultava compromessa negli anni '70, ma con la introduzione di caprioli provenienti dalle Alpi orientali la presenza di questo ungulato è notevolmente accresciuta. Restano dubbi però, sulla razza autoctona, poiché pare che la reintroduzione dell'altra specie abbia geneticamente cambiato l'aspetto originario di questo mammifero, anche se non si esclude la presenza di ceppi autoctoni.
Cervo (Cervus elaphus subsp. hippelaphus), estinto ad inizio secolo scorso, venne reintrodotto negli anni '80 nella Riserva naturale di Golia-Corvo. Questa specie è considerata fondamentale per la catena alimentare del Parco, sia per l'adattamento della specie nei boschi silani, e sia perché è una delle principali prede da parte del lupo. Nel 2010, 20 esemplari sono stati liberati nel Parco nei pressi della località Fossiata. Il suo areale principale è la parte settentrionale del Parco.
Daino (Dama dama), si ritiene che questo animale non fosse presente originariamente in Sila ma solo in alcune aree costiere della Regione. Nel Parco venne introdotto alcuni anni fa nella Riserva naturale Golia - Corvo, ed oggi è possibile ammirarlo presso il Centro visite del Cupone in un'area recintata nella riserva ad esso dedicata.
Cinghiale (Sus scrofa), molto presente in Sila e preda ambita dai cacciatori nelle aree silane al di fuori del Parco, il cinghiale ad oggi è presente in maniera piuttosto consistente grazie anche ai continui interventi di ripopolamento per scopi venatori.

Mustelidi

Il Tasso
Tasso (Meles meles), carnivoro notturno, presente in ampie aree del Parco; la presenza e l'importanza di questa specie per il Parco della Sila è confermata anche grazie all'istituzione della Riserva naturale Tasso Camigliatello Silano, un'area protetta di oltre 200 ha dove la specie è molto diffusa.
Lontra (Lutra lutra), prezioso indicatore ambientale, sulla lontra è stato effettuato un'importante indagine nazionale ricognitiva della specie, presente nella prima metà del secolo scorso in popolazioni molto numerose, lungo i principali corsi d'acqua e nei laghi silani. Un'indagine condotta nella metà degli anni '80, accertò il declino e la scomparsa della lontra in gran parte del territorio italiano ed in particolare calabrese. In Sila, pur accertata la presenza della specie, si ritenne oramai compromessa la presenza della lontra con prossima estinzione, considerazione che si appaiava ad un'indagine relativa alla presenza dell'animale nel settentrione, ma nella seconda metà degli anni '90, si registrò un trend positivo della presenza di questo mustelide che pare si stia nuovamente riproducendo in gran numero e ripopolando tutti i corsi d'acqua e i laghi principali.
Donnola (Mustela nivalis)
Faina (Martes foina)
Martora (Martes martes)
Puzzola (Mustela putorius)

Roditori

Ghiro (Glis glis), diffusissimo su tutto il territorio del parco ed un tempo anche cacciato ed utilizzato nella cucina calabrese di montagna
Moscardino (Muscardinus avellanarius)
Quercino (Eliomys quercinus)
Driomio (Dryomys nitedula), specie molto rara, presente in alcune aree delle Alpi e nel territorio calabrese su tutte e tre i Parchi nazionali.
Scoiattolo (Sciurus vulgaris ssp. meridionalis, Zaccarella in forma dialettale) caratterizzato dal mantello di colore nero, merita una menzione a parte in quanto questo animaletto è il principale roditore presente sui boschi della Sila. Ha colonizzato praticamente tutto il territorio montano silano, e lo si può trovare anche nei Parchi comunali dei paesini della pre-sila e nei centri abitati. La sua enorme presenza sul territorio silano, come specie endemica e propria del territorio è confermata anche dalla presenza di tale animale nel Museo civico di storia naturale di Milano che lo cataloga come "Scoiattolo Silano". La colorazione del mantello è nera con sfumature di grigio sui fianchi e il ventre di colore bianco.

Altri mammiferi


Oggi dopo le misure restrittive di protezione di alcune specie, e dopo la reintroduzione di alcune specie, nel Parco vivono questi mammiferi:
Lupo appenninico (Canis lupus subsp italicus), 3 branchi di lupi accertati, composti da 3 - 4 individui ciascuno, per un totale di circa 15 - 20 esemplari su tutta la Sila. Simbolo del Parco questo mammifero è considerato il più importante predatore dei boschi dell'Appennino e della montagna calabrese. Nel 1970 subì un grave declino demografico, rimanendo sull'orlo dell'estinzione, con la presenza certa stimata solo nelle aree Abruzzesi e in quelle silane. Con l'approvazione della legge in favore della sua conservazione (Convenzione di Berna), questo predatore sta pian piano accrescendo la propria comunità in tutto il territorio italiano. A suo favore sono stati promossi piani di reintroduzione di alcune specie di prede preferite dal lupo quali cervi e caprioli, piani che hanno portato ad una costante crescita della specie, che si sta diffondendo su tutto il territorio nazionale. In Calabria la sua presenza è accertata su tutti e tre Parchi nazionali.
Gatto selvatico (Felis silvestris), mammifero raro e protetto diffuso su tutto l'areale della Sila; non si hanno molti fonti e dati certi a riguardo di questo felino, vi sono dunque scarse informazioni relative alla distribuzione e all'abbondanza di questa specie anche se è certa la sua presenza;
Lepre comune o europea (Lepus europaeus), molto presente fino alla prima metà del secolo scorso, la presenza di questo animale ha subito una forte diminuzione causa dell'attività venatoria che ne ha compromesso la presenza sul territorio del parco;
Volpe (Vulpes vulpes), diffusissimo nelle aree silane specie in quelle con il clima più mite (zone collinari e campagne), la volpe negli ultimi anni ha avuto un progressivo e sempre più cospicuo proliferare della propria comunità, grazie soprattutto al totale disinteresse dei cacciatori verso questo animale; negli ultimi anni si è registrata una cospicua presenza del mammifero presso i centri urbani silani, in particolare nelle aree periferiche con presenza di cassonetti dell'immondizia, dove la volpe riesce con facilità a procacciarsi residui alimentari;
Talpa (Talpa europaea), Tupin'ru in forma dialettale, ampiamente diffusa su tutto il parco; anche la presenza nei centri urbani è notevolmente aumentata negli ultimi anni;
Riccio (Erinaceus europaeus), è un animale diffusissimo su tutto il territorio del parco, spingendosi fino ai centri urbani.
Istrice (Hystrix cristata), presente nelle aree più orientali e sull'orlo esterno dell'altipiano;
Lince (Lynx lynx) sicuramente presente all'inizio del secolo scorso (lo cita Norman Douglas nel suo celebre libro Old Calabria), è ufficialmente dichiarata estinta. Poiché è un animale che difficilmente si lascia trovare dall'uomo, è ipotizzabile una sua presenza su tutto l'Appennino compresa la Sila.

Uccelli

Il Capovaccaio
L'avifauna è piuttosto vasta poiché numerose aree del parco sono mete di sosta durante le migrazioni delle tratte Sicilia-Stretto di Messina-Calabria, tratta importante delle rotte migratorie Nord-Sud, e di nidificazione di molte specie di uccelli. Secondo un'indagine condotta dall'ente parco sono stati individuati 113 specie di uccelli sulla Sila, 57 dei quali considerati di "interesse conservazionistico"

Rapaci


Poiana
Gruppo consistente presente nei cieli silani, è rappresentato dalle famiglie dei Falconidae e degli Accipitridae. Da considerare anche l'ordine degli Strigiformes, ossia i rapaci notturni, presenti nel Parco con le famiglie dei Tytonidae e degli Strigidae.

Accipitridae

Volatiti dal corpo robusto e grandi ali, nidificano fra gli alberi e negli anfratti delle rocce, in Sila sono presenti: l'astore (Accipiter gentilis), il più grande rapace delle foreste silane, lo sparviero (Accipiter nisus), il biancone (Circaetus gallicus), la poiana (Buteo buteo), il nibbio reale (Milvus milvus) e il nibbio bruno (Milvus migrans) riconoscibili dalla coda biforcuta. Interessante è inoltre la presenza del capovaccaio (Neophron percnopterus) avvoltoio che si nutre di carogne, che nidifica nelle are più miti della costa calabrese e si spinge in Sila alla ricerca di cibo. Per quanto riguarda la presenza dell'aquila reale (Aquila chrysaetos), vi sono casi di presunti avvistamenti di questo grande rapace sulle cime più alte dell'altipiano, specie nei periodi più freddi; purtroppo gli avvistamenti non sono confermati da reperti fotografici o video.
Falconidae
il gheppio (Falco tinnunculus), il falco pellegrino (Falco peregrinus) grande predatore dalla formidabile velocità in picchiata, il lanario (Falco biarmicus), il falco della regina (Falco eleonorae), il lodolaio (Falco subbuteo) e il falco cuculo (Falco vespertinus).
Strigiformes
Fra i rapaci notturni che abitano nel Parco vi sono il barbagianni (Tyto alba) e l'allocco (Strix aluco) presenti in comunità numerose. Presenti anche la civetta (Athene noctua) e il gufo comune (Asio otus). Meno numerosi sono le comunità di assioli (Otus scops) e gufi reali (Bubo bubo), molto rari se non completamente estinti in Sila.

Piciformi

Di quest'ordine sono presenti:
il picchio nero (Dryocopus martius), specie rara e da considerarsi la più importante fra i piciformi presenti sulla Sila dal punto di vista conservazionistico e zoogeografico
il picchio rosso mezzano (Dendrocopos medius) anch'esso specie molto rara
il Picchio verde (Picus viridis)
il picchio rosso maggiore (Dendrocopos major) diffuso su tutta l'area della Sila Grande
il picchio rosso minore (Dendrocopos minor)
il torcicollo (Jynx torquilla).

Altri uccelli

Corvidi
Di questa famiglia nidificano nell'area del Parco la ghiandaia (Garrulus glandarius), la taccola (Corvus monedula), la gazza (Pica pica), la cornacchia grigia (Corvus cornix) e il corvo imperiale (Corvus corax), il più grande di questa famiglia e tra i più grandi volatili presenti in Sila.
Passeriformi
Due alaudi di interesse comunitario nidificano nel Parco, la tottavilla (Lullula arborea) e la calandrella (Calandrella brachydactyla); sempre di quest'ordine abbiamo l'allodola (Alauda arvensis), il pettirosso (Erithacus rubecula), il merlo (Turdus merula), la rondine (Hirundo rustica), lo scricciolo (Troglodytes troglodytes), la capinera (Sylvia atricapilla), la cinciarella (Parus caeruleus), la cinciallegra (Parus major), il fringuello (Fringilla coelebs) e il rampichino (Certhia brachydactyla).


Due esemplari di Germano reale
Uccelli acquatici
Il germano reale (Anas platyrhynchos) e lo svasso maggiore (Podiceps cristatus) sono tra le specie nidificanti quelle più presenti in Sila e che sostano presso gli specchi d'acqua dell'area del Parco specie durante le migrazioni, ma sono state monitorate anche le presenze della folaga (Fulica atra), della gallinella d'acqua (Gallinula chloropus), della ballerina gialla (Motacilla cinerea) e del merlo acquaiolo (Cinclus cinclus) quest'ultimi due presenti lunghi i corsi d'acqua a differenza dei precedenti che nidificano presso i laghi.
Altri volatili
Altre specie degne di menzione sono il cuculo (Cuculus canorus), di carattere parassitario nidificando in nidi di altre specie; il colombaccio (Columba palumbus) specie spiccatamente silana, di notevoli dimensioni vive e nidifica nei boschi ad alto fusto; l'upupa (Upupa epops). Rilevata la presenza anche della quaglia (Coturnix coturnix), della coturnice (Alectoris graeca) e della beccaccia (Scolopax rusticola), specie che si nutrono di invertebrati, e particolarmente ambite durante il periodo venatorio. Fra i Ciconiiformes ricordiamo l'airone cenerino (Ardea cinerea) che sosta lungo i laghi del parco anche se è dubbia la sua nidificazione in Sila.

Anfibi e Rettili

Nel Parco nazionale della Sila sono presenti 22 specie di interesse erpetologico (12 anfibi e 10 rettili) su 31 specie documentate nella regione Calabria, che corrisponde a circa il 25% della diversità erpetologica italiana composta da 91 specie (40 anfibi e 51 rettili). Alcune specie sono comuni e molto diffuse in Italia mentre altre sono decisamente rare e di interesse comunitario. Il clima rigido degli inverni silani ha sfavorito il popolamento di alcune specie di rettili, mentre altre sono riuscite ad integrarsi e ad interagire con l'ambiente silano. Vi sono, però alcune specie di rettili che fino a qualche tempo fa si pensava non fossero presenti nel territorio del parco, quali il Cervone, alcuni gechi e la Testuggine di Hermann, in realtà si sono insediate nelle estremità perimetrale del Parco, in aree a temperature più moderate.ù

Anfibi

Tritone crestato italico
Anuri
Nel Parco sono presenti l'ululone appenninico (Bombina pachypus), piccolo rospo dal colore grigio-bruno e con il ventre giallo-arancio, il rospo smeraldino (Bufo balearicus), il rospo comune (Bufo bufo), la raganella italiana (Hyla intermedia), piccolo anuro dalla pelle liscia, di colore verde brillante e dalle caratteristiche ventose alle estremità delle zampe, e il complesso delle rane verdi quali la rana di stagno italiana bergeri (Pelophylax bergeri), la rana agile (Rana dalmatina) e la rana appenninica (Rana italica), piccola rana che predilige gli ambienti umidi quali torrenti e ruscelli
Urodeli
Per quanto riguarda gli anfibi urodeli nel Parco si trova la salamandrina dagli occhiali (Salamandrina terdigitata), piccolo anfibio filiforme e dalla lunga cosa, con 4 dita nel piede ed una tipica macchia a forma di "V" fra gli occhi, la salamandra pezzata (Salamandra salamandra), il tritone italiano (Lissotriton italicus), il più piccolo tritone europeo (80 mm max di lunghezza) specie endemica del centro-sud italia, e il tritone crestato (Triturus cristatus), tritone di dimensioni medio grandi con il dorso di colore scuro e dalla caratteristica cresta vertebrale dentellata.

Rettili

Vipera comune
Il clima montano della Sila non ha certamente favorito la diffusione di rettili nell'areale del Parco nazionale, ciò nonostante vi è comunque una rilevante presenza di rettili dell'ordine Squamata (serpenti e sauri), mentre assenti sono i rettili dell'ordine Chelonia (testuggini).
Sauri
Tra i Sauri presenti nel Parco vi sono 5 specie: il ramarro occidentale (Lacerta bilineata), esemplare diffuso su tutta l'area del Parco, comune nei prati, nelle siepi, nelle pietraie e nelle radure erbose della Sila i cui esemplari raggiungono anche la lunghezza di 45 cm, con una colorazione verde brillante sul dorso; la luscegnola (Chalcides chalcides), sauro che raggiunge i 40 cm dal corpo serpentiforme, molto comune nei prati ben soleggiati; l'orbettino (Anguis fragilis) dalla colorazione ramata, è un sauro senza arti che predilige habitat piuttosto umidi e paludosi, lo si può trovare dunque lungo i corsi d'acqua e i ruscelli silani; la lucertola muraiola (Podarcis muralis) e la lucertola campestre (Podarcis sicula) molto comuni e diffuse su tutto il territorio.
Serpenti
Tra i serpenti abbiamo: il saettone occhirossi (Zamenis lineatus), tipico del meridione, è un serpente che può raggiungere anche notevoli dimensioni (200 cm); ha una colorazione che va dal grigio al verde oliva fino al marrone, si nutre di piccoli mammiferi ma anche di uova di uccelli; la vipera comune (Vipera aspis), dal corpo tozzo e massiccio e dalla coda corta, la si trova spesso nelle boscaglie, nelle radurem nelle zone roccioso e nei litorali sabbiosi; la biscia dal collare (Natrix natrix) che vive solo in ambienti acquatici; il biacco (Hierophis viridiflavus), "Cursuni" in forma dialettale; il colubro liscio (Coronella austriaca) e il cervone (Elaphe quatuorlineata), del quale è stato ritrovato alcuni anni fa un rarissimo esemplare albino.

Pesci

Le specie ittiche presenti negli ambienti idrici del Parco possono essere divise in pesci di interesse conservazionistico (Allegato II Direttiva 92/43/CEE) che sono specie autoctone, da specie aliene inserite nell'habitat silano per effetto di ripopolamento dei corsi avvenuto durante il secolo scorso a scopo di pesca sportiva, che sono specie alloctone.


Un Cobite
Tra le specie autoctone vi sono la trota mediterranea o trota macrostigma (Salmo cettii), la rovella (Rutilus rubilio) e il cobite (Cobitis taenia).
Tra le specie alloctone vanno menzionate la trota fario (Salmo trutta fario) per molti anni scambiata per specie autoctona, e la trota iridea (Oncorhynchus mykiss) immessa per scopi di pesca sportiva. Tra gli anguilliformi risulta presente l'anguilla (Anguilla anguilla), mentre tra i cipriniformi abbiamo la tinca (Tinca tinca), introdotta per la pesca sportiva e presente nei principali laghi silani, il carrassio (Carassius carassius), abbondante nelle acque più paludose, il cavedano (Leuciscus cephalus), l'alborella (Alburnus alburnus), la scardola (Scardinius erythrophthalmus) e la carpa (Cyprinus carpio), pesce che nel lago Ariamacina, area SIC ove vige il divieto di pesca, può raggiungere e oltrepassare ampiamente i 15 kg di peso.
Tra i perciformi abbiamo il persico reale (Perca fluviatilis), diffuso nei laghi e preda ambita dagli appassionati di pesca sportiva, e il persico sole (Lepomis gibbosus). Merita infine una menzione lo spinarello (Gasterosteus aculeatus).
Le specie indigene risultano minacciate dalla presenza delle specie alloctone, che ben si sono adattate sia nei laghi che nei fiumi silani. Questo ha determinato fenomeni di competizione trofica oltre che di ibridazione fra ceppi diversi, determinando una pesante contrazione della comunità delle specie autoctone. Questo fenomeno è registrato in particolare per quanto riguarda la trota macrostigma. Un'altra minaccia deriva anche da alcune opere idrauliche atte alla regimentazione delle acque che hanno in molti casi compromesso l'habitat di alcune specie autoctone modificando i corsi fluviali.

Flora



Prato di crochi in Sila Grande
Il patrimonio floreale del Parco nazionale della Sila è strettamente collegato all'orografia e alla morfologia del territorio silano. Le caratteristiche geologiche e del suolo avvicinano la Sila e i suoi territori a quelli degli ambienti alpini oltre che dal resto degli ambienti appenninici. La dimostrazione di ciò è insita nello spettro floreale ricco e vario che accomuna l'ambiente silano con quello appenninico e alpino. Il paesaggio silano, pur apparendo compatto ed omogeneo, in realtà possiede un notevole e diversificato patrimonio vegetale e floreale. La costituzione di questo ricco patrimonio la si deve sia alle varie altitudini e alla sua storia geologica, sia all'azione dell'uomo che utilizzando il legname e le valli per il pascolo ha inciso in maniera profonda alle caratteristiche originari dell'altopiano.
L'areale floristico del Parco è dunque strettamente collegato alle tipicità territoriali silane, oltre che da fattori ecologici come il clima e il sub-strato e da fattori storico-geografici. Il Parco della Sila rappresenta un limite meridionale di distribuzione per un nutrito gruppo di specie vegetali con distribuzione discontinua spesso anche di notevole distanza. Ciò deriverebbe dalla combinazione dei fattori precedentemente citati e soprattutto dai mutamenti climatici che la regione silana ha subito provocando la scomparsa di alcune specie e lo spostamento di altre nei restanti areali territoriali.
La Sila è un massiccio a base quadrangolare di forma pressoché piramidale con le cime principali (i vertici) situate in posizione nord-ovest. Tale forma fa si che la vegetazione assuma la forma a corollario dell'intero massiccio cui seguono per ogni fascia altimetrica una diversa vegetazione. La vegetazione del Parco può essere studiata dunque, in base alle sue fasce d'altitudine ed in relazione fra l'altimetria e il clima. Ogni fascia presenta proprie caratteristiche vegetative e si caratterizza per l'omogeneità della stessa. Il Parco racchiude nel suo perimetro la parte più elevata del massiccio silano e i principali pianori, mentre non comprende nessuna delle aree pre-silane che gravitano intorno l'acrocoro. Questo limita il patrimonio vegetativo silano ai soli habitat vallivi, fluviali, montani e sub-montani.

Habitat

Il Parco nazionale della Sila conserva dunque, al proprio interno una diversificazione ambientale molto varia, che possiamo riassumere attraverso gli habitat floreali distinti in otto diverse tipologie:
Faggete degli Appennini con la presenza di abeti bianchi (Abies alba). Questa tipologia di habitat si riscontra sui suoli profondi e subacidi o presso substrati silicei con la presenza di graniti e rocce metamorfiche. L'altitudine di questo habitat è compresa fra i 1.100 e i 1.900 m di quota
Torbiere di transizione e instabili, habitat rinvenibile fra i 1.400 e i 1.700 m presso terreni montani a carattere iperumido e caratterizzati da un'alta acidità del terreno.
Pinete sub-mediterranee di pini neri endemici di pino laricio silano (Pinus nigra laricio) su terreni ricchi di substrati granitici che danno origine a suoli acidi e sabbiosi, terreni particolari ove il pino silano predomina rispetto al faggio poiché essendo una pianta piuttosto rustica (xerofila e frugale), si adatta meglio a questi ambienti.
Foreste alluvionali formate da ontano nero (Alnus glutinosa) e frassino maggiore (Fraxinus excelsior) che si estendono lungo tutti i corsi d'acqua della fascia montana e collinare del Parco. Tali habitat e relative piante necessitano di suoli abbondantemente irrorati.
Langhe oro-mediterranee endemiche e ginestre spinose, habitat dove nascono e crescono formazioni arbustive spinose tipiche delle alte montagne del Mediterraneo. Fa parte di questo habitat l'astragalo calabrese (Astragalus calabrus) la cui presenza si trova presso substrati granitici molto poveri, derivanti da una degradazione del granito stesso tra i 1.000 e i 1.700 m.
Bordure parziali, montane e alpine di megaforbis idrofile, frequenti lungo i corsi d'acqua in ambiente sia forestale che in ambiti aperti.
Formazioni erbose ricche di specie, aride o mesofiche caratterizzate da un'ampia ricchezza di specie presenti su terreni acidi e poveri di nutrienti. Fa parte di questo habitat il nardeto italiano anche se la sua presenza non sempre è attiva, ma lo si trova presso zone stagnanti o molto acide.
Acque stagnanti, da oligotrofe a mesotrofe, con fitocenosi acquatiche eliofile caratterizzate da fasci di erba in acqua stagnante. In base al livello d'acqua dominano le specie della comunità Littorelletea uniflorae e Isoëto-Nanojuncetea.

Piano montano e submontano

La varietà della vegetazione è attribuibile a due fattori principali, l'influenza del clima mediterraneo e la distanza dal mare che rende alcune aree della Sila, in particolar modo la Sila Grande, tipiche aree interne con dal clima continentale. La foresta, sia di aghifoglie che di caducifoglie, è la caratteristica distintiva del Parco, che spazia dai rilievi più bassi fino alle cime più elevate della Sila(piano montano e submontano).
La foresta silana è formata nelle quote inferiori che vanno dai 600 ai 1.000 m da boschi di caducifoglie e da in particolar modo da querceti decidui mesofili. Presente, anche se spesso limitata a lembi ai confini dell'area del Parco, il castagno (Castanea sativa) sia ceduo da frutto che ad alto fusto. Di questa fascia fa parte anche l'ontano napoletano (Alnus cordata), pianta rustica che si adatta anche a terreni poveri, che si è molto diffusa nell'ultimo secolo a dispetto del castagno quando quest'ultimo, un tempo di primaria importanza per l'economia silana, ha perso tale valore subendo un restringimento delle fasce colturali ad esso dedicato.
La famiglia delle Fagaceae è ben rappresentata da varie specie di querce. Troviamo la roverella (Quercus pubescens), molto presente nelle quote più basse vicino ai 600 m, il rovere (Quercus petraea), che si trova nel Parco mista ad altre latifoglie o presente in piccoli boschetti, il cerro (Quercus cerris), che si trova soprattutto misto ai boschi di castagno. Per quanto riguarda il farnetto (Quercus frainetto) è presente soprattutto sui versanti orientali dell'acrocoro mentre nel Parco è presente nel comune di Bocchigliero presso il monte Basilicò.


Pinus nigra ssp. laricio nella Riserva biogenetica naturale di Fallistro

Nella fascia montana, dai 1.100 fino ai 1.600 m, domina quasi incontrastato il pino laricio (Pinus nigra laricio) il re della foresta silana, così abbondante e caratteristico nell'aver assunto forma elegante, da essere spesso citato in alcuni testi come Pino Silano. L'albero viene infatti riconosciuto come entità a se stante rispetto agli altri pini larici della Sicilia e della Corsica. Si contraddistingue per il tronco slanciato, con una corteccia formata da scaglie larghe che assume al suo interno sfumature di colore rosso. La pianta si presenta in forma così abbondante grazie al massiccio rimboschimento effettuato nel dopoguerra quando, a causa dell'eccessivo disboscamento della Sila che ha provocato una rapida azione erosiva specie nelle aree con la presenza di dirupi. In merito all'azione di contrasto contro la forma erosiva del massiccio silano, venne promulgata una legge "ad hoc" denominata "Legge Speciale della Calabria". Si preferì utilizzare il pino laricio per la facilità di attecchimento al terreno e per l'impossibilità di utilizzare conifere da impiantare su terreni in contesto di forte degrado, impiegando le poche risorse disponibili a ricoprire in maniera rapida il suolo, attenuando in questo modo il fenomeno dell'erosione.


Bosco di Faggio nel Parco della Sila

Oltre i 1.400 m è il faggio (Fagus sylvatica) che occupa l'area delle cime più alte. Nell'area del Parco si possono individuare due tipi di faggeta, il Campanulo-Fagetum che vegeta nelle cime più alte, e il Galio hirsuti-Fagetum. Il primo tipo di biocenosi è caratterizzato da specie mesofiche fra le quali Calamintha grandiflora, Campanula trichocalycina, Lamium galeobdolon, Orthilia secunda, Oxalis acetosella e Ranunculus brutius.
Il faggio spasso lo si incontra con l'abete bianco (Abies alba), la terza specie più diffusa della fascia. Quest'albero dall'elegante portamento si trova nelle zone del Parco della Sila Piccola, presso il Monte Gariglione dove sono presenti alcuni esemplari di notevoli dimensioni, e sul Monte Femminamorta. Nella Sila Grande gli esemplari di abete bianco sono sparsi lungo tutta l'area in combinazione sia con faggi che con pini, ma un gruppo piuttosto nutrito di abeti bianchi sono presenti presso Monte Scuro
Di questa fascia alle quote superiori ai 1.400 m sono presenti numerosi depressioni umide con particolare sedimentazione organica, che favoriscono la diffusione di comunità vegetali delle torbiere. Queste specie vegetali, risalenti al periodo delle glaciazioni, furono spinte verso sud e scomparvero nelle zone circostanti a causa dei cambiamenti climatici. Tali specie vegetali sono Carex stellulata, Veronica scutellata, Potamogeton polygonifolius e Potentilla erecta.

Vegetazione sinantropica e riparia


Ontani neri lungo il fiume Neto
L'agricoltura da secoli è in conflitto con l'habitat forestale dell'altipiano; già nel periodo protostorico i popoli dediti alla transumanza e alla coltivazione di piccole terre assursero l'idea di "bosco ladro di terra" ingegnando tecniche particolari per distruggere le foreste guadagnando in questo modo terre da dedicare al pascolo. Questo concetto si sviluppò ancor più dal '700 in poi quando attraverso l'usurpazione di terre demaniali da parti dei privati, che venivano disboscate per essere messe a coltura costituendo le cosiddette "difese". Queste tensioni nei secoli hanno sistematicamente portato alla distruzione di centinaia di ettari di bosco attraverso incendi dolosi per realizzare nuove terre da coltivare. Questa situazione si aggravò specie tra il '700 e l'800 tant'è che i governi centrali cercarono di trovare un rimedio fermando questo fenomeno che pian piano stava distruggendo il bosco compromettendo l'assetto idro-geologico, inviando in Sila funzionari incaricati di indagare sui fatti.
Oggigiorno nei pianori oltre alla coltivazione cerealicola ed ortofrutticola. I pianori che si prestano a tale coltivazione si trovano soprattutto tra i complessi montuosi di tutti i principali monti del Parco (Botte Donato, Montenero e Gariglione) e comprendono la Valle di San Nicola, la Valle di Campo San Lorenzo, la Vallate di Torre Garga, la zona di Sculca, Righio e Coporosa e la vallata nei pressi di Bocca di Piazza nel comune di Aprigliano. Molte sono le aree del Parco dedite al pascolo e alla pastorizia in generale, così come è diffusa la pratica della transumanza e dell'alpeggio.
Le zone umide sono caratterizzate dai percorsi formati dagli ontani neri (Alnus glutinosa) e dai frassini maggiori (Fraxinus excelsior), che seguono tutti i tratti fluviali principali quale il Neto, il Crati, il Trionto, l'Arvo e il Lese.

Vegetazione dei prati e peculiarità floristiche


Soldanella montana
La quasi totalità delle praterie silane sono di origine "secondaria" derivata, cioè dalla distruzione dei boschi per fare spazio al pascolo. I prati di origine primaria si trovano solo lungo i pianori più umidi dove difficile è l'attecchimento di specie vegetali, nei pianori della Sila Grande e della Sila Piccola. Fattore che condizione in maniera sensibile la composizione floristica silana è la presenza o meno dell'acqua.
Vegetazione dei prati
Questa genera aree compatte con vegetazione tipica. Abbiamo dunque:
aree depresse stagnanti con formazioni di Caltha palustris, Ranunculus fontanus, Chaerophyllum hirsutum var. calabricum, Crepis paludosa e Cardamine silana;
bordi di aree stagnanti con presenza di Viola palustris e Soldanella calabrella, pianta endemica della Sila;
praterie inondate con presenza della Deschampsia caespitosa, Filipendula ulmaria e Polygonum bistorta;
aree più asciutte e compatte con presenza di Nardus stricta, una graminacea dura e particolarmente irta;


Anthemis cretica
subsp. calabrica
aree scoscese dove è assente il ristagno dell'acqua, con prati pingui caratterizzati da una massiccia abbondanza floreale, e prati magri adatti al pascolo. Nei prati pingui è facile trovare la Viola messanensis e la Dactylorhiza sambucina. Nei prati magri ricca è la presenza di graminacee e leguminose, e molto comune è la presenza, in maniera piuttosto massiccia, della Genista silana, una ginestra molto vicina alla Genista anglica, ma tipicamente endemica calabrese.
Aree rocciose con presenza di graniti e dossi, su suolo sabbioso, che presentano una copertura discontinua di Cytisus spinescens e Astragalus calabrus.
Endemismi

Parte dei contenuti di questo articolo, contengono informazioni estratte dal sito wikipedia.org e parcosila.it

Il lupo da sempre oggetto di fiabe, storie, film è l'animale caratteristico dell'altopiano silano. Le sue origini risalgono verso la fine dell' Eocene e durante i successivi periodi dell' Oligocene e miocene (circa 32 milionii di anni fà). Il primo antenato del lupo, risalente a circa 2 milioni di anni fà, era il Canis Dirus. Questo antenato era un pò differente dall' attuale lupo, infatti esso presentava una testa più grande e un corpo imponente. La specie si è evoluta probabilmente nell' Europa centro-settentrionale, diffondendosi successivamente in tutto l'emisfero settentrionale fino a raggiungere il nord America.
Fino al secolo scorso la popolazione italiana risultava in continuità con le altre popolazioni europee; l' attuale isolamento geografico e genetico che caratterizza la residua popolazione italiana è quindi recentissimo e, insieme alla straordinaria mobilità che caratterizza questo carnivoro, è all'origine del ridotto differenziamento genetico che è stato rilevato nel lupo italiano e quelli dell'Europa centro-orientale. Questo magnifico e fedele esemplare (nella sua vita si sposa con una sola Lupa) si può osservare nelle sua quotidiane abitudini presso la riserva del Parco Nazionale della Sila in località Cupone, nel comune di Spezzano della Sila. Il Lupo della sila titolo del film di Duilio Coletti ha visto come scenario il comprensorio silano nel 1949.
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